
Seduto sul pontile di cemento del Sol e Mar, ad aprile inoltrato, sento l’ansia dentro che canta. Il cielo è pesante di nuvole veloci dal mare e l’unico spazio celeste è quello sopra la colonia abbandonata, un lungo elenco di costruzioni diverse fra loro per dimensioni, ma non per progetto e destinazione. Quegli edifici ancora solidi, ma disastrati guardano le onde da cent’anni, sempre lì attenti, immobili, nemiamici dei bagnanti; hanno le finestre scardinate a tratti, le tapparelle chiuse, i vetri rotti e le porte socchiuse, i cardini sono come dita rachitiche di vecchi ammiccanti, fermi, senza dignità, arrugginiti, spogli: porgono il benvenuto a chi entra a cercare sesso.
Come sono assurdi i gay, trovano tutti i peggiori posti per scambiare sesso, gratis or pay non cambia. La prima logica reazione è lo squallore, ma poi razionalmente diventa solo un abbraccio freddo, fra sconosciuti, ipocrita; guardare da lontano questa realtà mi fa sorridere, chi ne ha viste tante entra in silenzio, chi ne ha viste poche tarda sulla spiaggia guardandosi in giro, un senso di pericolo presunto per quelle impronte ansiose, quanti giri sul bagnasciuga, sul cemento della passeggiata con quel pulsare strano del quale conosci bene origine e fine.
Tutti mi guardano straniti, indecisi, con occhialoni scuri che sono il dettaglio essenziale del battere quotidiano, celano la voglia, l’emozione, creano allure e permettono agli altri di capirti al volo, perché è vero che gli occhi possono mentire, ma le mani no, la fronte nemmeno e l’aspirazione sessuale mai!
Chi ha detto che la stupidità è femmina non conosce i gay e soprattutto conosceva poco e male le femmine. Anche io giro poco convinto, del tutto disinteressato agli speedy contact e di colpo sento un profumo piacevole, fresco di fiori che spuntano anche qui, fra macerie e sabbia, sotto i piedi dei rapidi frequentatori.
Profumano come quelli dei campi carpigiani dove la natura scoppia nonostante noi e invade tutto col suo profumo. Quelle piccole stelle bianche e viola sul pavimento di sabbia col loro profumo mi riportano alla verità della vita, mi riportano al molo decrepito in cemento, mi fanno sedere e piangere dietro gli occhiali scuri. Qualche passante vede la mia bocca storta e va via spaventato dalla vita vera! Vorrei restare qui per sempre con questo venticello e le gambe appoggiate sulla sabbia, ci sto bene qui perché non pioverà, le persone lontane che camminano abbattono la solitudine, il mare non fa rumore e le piccole creste bianche sembrano i miei ricordi, leggeri e ripetitivi.
Mi sento solo, triste e per la prima volta sento che devo cambiare e cercare me stesso senza preoccuparmi delle naturali infelicità, ma cambiare per andare dove?
Sento ancora la tua mano sul braccio e capisco che ti aggrappi come un ragazzino che, caduto in un pozzo profondo, cerca un solido appiglio, ma io sono fragile, debole e inconsistente come la nebbia, non saprò starti accanto come dovrei nella malattia. Sono come questi vecchi edifici che guardano con distacco il mondo, pronti ad essere abbattuti o a crollare senza ansia e preveggenza.
Sto solo cercando scuse per scappare, anche le lacrime sono una scusa lo sento, il mare è una scusa, le colonie e il fastidio per il gay battuage sono una scusa; non c’entro niente, guardo e basta, da fuori, da lontano, da estraneo incolpevole, ma con giudizio, ho semplicemente perso il senso della vita? O questa è la vita vera? Noi siamo piccoli straccetti nel mondo e dentro siamo invece il mondo, fuori siamo nani e dentro eroi? O siamo solo i famosi acrobati, ma allora il circo dove è?
Ricordo bene quando l’amica comune mi informò della tuo cancro osseo, incurabile, intenibile, disobbediente, ingestibile, imbattibile; ricordo anche la delusione per la mia esclusione. Come avevi potuto tacermi una tale notizia? Oppure hai capito quanto sono inconsistente perché tu mi hai sempre guardato con il cuore.
Sono stupefatto dalla facilità con la quale ci si può guardare col cuore, mentre io vedo solo con gli occhi.
Sono sempre così duro con me stesso, ma la superbia mi ha salvaguardato nel tempo, io non mi sono mai mischiato con le pulsioni, ma non riesco più ad andare avanti così, che sia l’ora del conto? E il dolore è la vera unità di misura per la vita, cioè più soffri e più sei vero? Non è così per forza, ma questa via si avvicina alla verità; ci sono persone così attratte dalla vita vera che pagano, per soffrire caldo e sete nel deserto o nella foresta amazzonica, ci sono persone che pagano per andare a soffrire in giro per il mondo in letti sudici, su treni scassati, in letti pidocchiosi e asciugamani schifosi, mangiano panini disgustosi e pietanze improbabili solo perché così dimostrano di esserci stati, nella vita vera.
Lo spessore è un metro importante, niente di nuovo allora se desidero vedere e toccare un “disagio” reale, per aiutarmi a calibrare lo spessore e capire veramente che ci sono vari livelli in tutto, anche nel mio amore per te, amica.