Il DNA e la Tripletta Dio

Il DNA e la Tripletta Dio

In quello che è oggi il concetto di una vita perenne…… ma di quale vita perenne parliamo?
La sopravvivenza alla quale si cerca di non rincorrere mai la morte, ma anzi sfuggire ad essa costantemente, non riesco a fare a meno di associare il concetto della struttura genetica. Il famoso DNA. L’acido desossiribonucleico. Notare la parola ‘acido’. Un acido o un acido che parla di acido?

Partendo dal presupposto che la mappatura genetica, ad oggi, non è ancora stata conclusa per motivi tecnici e materiali e di conoscenza scientifica, ma esplorata, utilizzata, usata, manipolata solo a tratti, a pezzi, a tentoni, in quanto una volta scopertosi l’azione dell’elica del DNA, composta da coppie di nucleotidi, che danno vita a triplette che a loro volta sono coordinate dal gene regolatore cioè lo omeogene e cito: “Un gene omeotico (detto anche omeogene) è il gene di controllo principale che regola una serie di altri geni adibiti allo sviluppo del piano strutturale di un organismo. In alcune cellule del corpo questi geni omeotici sono attivi, in altre cellule sono inattivi: il risultato finale è un organismo adulto”, e dunque colui che definisce quali proteine nel mitocondrio devono essere prodotte, quale funzione devono svolgere e dove la devono svolgere. Ma non sappiamo in quale modo vengono attivati gli omeogeni e da chi.
Chi gli dà questa funzione e a loro volta chi gli dà la capacità organizzativa? Insomma questo articolato compito in cui si assemblano le cellule al fine di ottenere un organismo completo e funzionale non è mica cosa da tutti. È roba da uno con una mente infinita, tipo Dio.
A questo punto posso chiedermi se per caso queste triplette costituenti l’intelligentissimo omeogene, non possano essere a loro volta, anziché essere guidate dalla mano di Dio, essere attivate semplicemente a loro volta da una combinazione di triplette che fungono come delle batterie o come dei detonatori chimici che danno l’avvio alla costruzione al consolidamento e al concatenamento chimico di tutte le altre triplette e dunque essere “la fonte di energia che rende vitale l’attività chimica che andrà a svolgersi in trasformazione fisica degli omeogeni e che sono i veri detentori della fonte della vita”. Semplici triplette ancora nascoste all’uomo: La “Tripletta Dio” che autogenera l’energia vitale primaria.
In sostanza la vera fonte detentrice della vita sono gli stimolatori contenuti in triplette specifiche posizionate nel filamento, cioè nella sequenza genetica del DNA e che, o in posizioni strategiche o in misure di unità diversificate, fanno la differenza tra un essere vivente e un altro e la sua forza o capacità di sopravvivenza. Tic Tac, parliamo di capacità reattive e d’azione conseguente.
Che dunque nella trasmissione genetica, la famosa selezione della specie, e cioè nella riproduzione cellulare, il più forte prevale a fecondare il gruppo, non tanto per trasmettere le caratteristiche genetiche, ma per trasmettere la maggiore quantità di questi tipi di “triplette di Dio” che saranno la fonte stimolatrice di tutte le altre triplette e che determineranno le capacità di connessione e di concatenamento dell’organismo intero nel rapporto con sé stesso a partire da ogni suo nucleotide fino al completo organismo prodotto e tutto ciò che è esterno a esso a cui appartiene?
Cioè all’intera natura?
Quante più “triplette Dio” un organismo cellulare possiede, maggiori sono le combinazioni chimiche in grado di svolgersi nella cellula, maggiori dunque la capacità estrinseche dell’organismo nel feroce rapporto con la natura globale nella quale queste “triplette Dio” lo costringono ad esistere e ad essere.
A questo punto verrebbe a decadere l’eterna domanda che si fanno gli uomini a proposito dell’importanza della vita e la disperazione che suscita nella risposta al fatto che essa cede alla morte. Questa tanto osannata vita data da Dio. Da “tripletta Dio”?
Citando Platone, “se la morte è non essere nulla e non provare più alcuna sensazione, come in un lungo e dolcissimo sonno senza sogni, oppure è un trapasso e un trasloco dell’anima da qui a un altro luogo, dove, se è vero quel che si dice, incontrerà le anime degli altri morti e potrà dialogare con menti straordinarie come quelle di Omero e di odisseo” il povero Platone, anche lui e Socrate per lui, lì al fine del suo esistere in quel carcere di Atene, nel definire la morte un “non essere nulla”, il Platone la paragona ad un “dolcissimo sonno senza sogni” e questo sta a significare che comunque lui cita il sogno e il sonno che sono qualcosa. Entrambe reazioni chimiche e fisiche. Inoltre Platone insiste addirittura con la metempsicosi.
Dunque lo stesso Platone nel dare una definizione di nulla alla morte non riesce a rendere la morte qualcosa di nullo. Dando al nullo la sua accezione reale che meriterebbe di avere, ma che a quanto pare è impossibile per l’uomo dargli. Non so molto sul tema, ma pare che si cerchi ancora qualcosa di simile al nulla nei bosoni di Higgs, che sono la derivazione di qualcosa che genera il nulla e dal nulla. Insomma, un cane che si morde la coda, generato dal perpetuo gioco esistenza tra l’esistere e il non esistere. https://youtu.be/8b-ItLX8uzk
Se dunque alla fine il nostro esistere dipende da delle “triplette Dio” che inibite fanno cessare l’ esistere?
E se fossero la vera definitiva struttura della vita e della morte, cioè il cessare di queste “triplette Dio” che inibisce qualunque ulteriore meccanismo reattivo di altre triplette che generano a loro volta le proteine determinate dagli omeogeni?
Noi a quel punto dovremmo accettare un meccanicismo del nostro essere pari a quello dei robot che stiamo tentando di produrre in sostituzione ai compiti che non siamo in grado di svolgere o che vogliamo che si sostituiscano a noi.
Socrate continua ad insistere che la morte è un bene e una terra fertile in quanto in essa preserva il senso di una vita vissuta al servizio della filosofia e cioè di entrare in un luogo senza luogo e cioè l’atopia. Vuole continuare ad esistere a tutti i costi, il nostro Socrate, anche in un’ esistenza inesistente. Immagino che al punto della sua morte forzata le sue “triplette Dio”, erano ancora tante e variamente distribuite nella sua sequenza genetica. Da qui, il fatto che proprio non potesse andargli giù la sua morte.
Che terribile destino sarebbe per gli uomini scoprire che il nostro esistere ed essere dipende dallo scioglimento di composizioni nucleari che semplicemente si sfaldano e cessano ad essere facendo cessare l’essere a sua volta?
Ci toccherebbe ammettere che anziché essere fonte divina, diveniamo semplicemente da una fonte chimico meccanica.