Francamente non so nemmeno quanti giorni e quante settimane sono trascorse. Ormai non è il caso di contare. È il caso di stare qui, fermi, protetti nell’isolamento e sperare che arrivi presto quella salvezza che tutti sappiamo essere un vaccino. Mentre trascorrono i giorni, e nei giorni le ore e nelle ore i minuti, si continua a vivere. Chi cucina, chi pulisce, chi sceglie musica, chi lavora, chi tenta di trovare qualunque passatempo, un atto di recupero di un esistenza trascurata ci vogliamo raccontare. Il più delle persone riescono a comprendere che andare avanti in attesa della soluzione è l’unica cosa da farsi.
Nel mentre guardavo una serie TV divertente americana in lingua tedesca per allenare una lingua che potrà servirmi ancora in futuro su Amazon Prime, che tanto divertente non è stata questa volta, ho pensato distrattamente ai sentimenti della gente. Sui social sono tutti lì esposti. Rabbia contro il governo ladro, frustrazione contro le incapacità degli altri, lo sciacallaggio della politica, la polemica giornalistica.
Il conflitto nel virtuale che si accende e muta nel tempo trasferibile in giorni eterni in cui le evoluzioni storiche avvengono nell’arco di mezza settimana È tutta lì la gente. Siamo lì noi. Nel virtuale preso in prestito dal reale. Persone di ogni livello e ogni genere. Nessuno escluso. E ho pensato che dietro ad ogni torta, pizza, dietro ogni cantata in terrazza, ogni urlo verso il prossimo, la noia, la frustrazione, c’è la verità.
La verità è che siamo tutti spaventati. Siamo terrorizzati. E sappiamo di essere impotenti. Anche se non vogliamo saperlo. Eppure lo sappiamo. Tutti.
La paura che un microorganismo, del quale molti non conoscono nemmeno la morfologia e potenza, invisibile, si insinua in una sola delle nostre cellule, che prende possesso del nostro di organismo che micro non è, possa essere in grado, questo invisibile essere chiamato virus, di ucciderci, ci afferra. Senza esclusione alcuna.
Non sappiamo chi, quando, e se. L’impotenza. Questa c’è dietro ogni nostra manifestazione pubblica celata dalla rabbia, dalla polemica e dall’ilarità. L’impotenza.
Non sappiamo se oggi tocca a me, o peggio, qualcuno accanto a noi. L’idea che la moglie, il marito, il compagno, l’amico, la mamma o il papà, il figlio, il nipote, il nostro medico, il professore, la signora del supermercato, l’uomo che sta pulendo la strada, che ognuna di queste persone o noi stessi domani potremmo non più esserci, spaventa. Spaventa.
È ammirevole quello che vedo, il tempo e i minuti che trascorrono, tutti spaventati a morte da una fatalità inaspettata, reagire contro la paura.
Una paura mal celata, e poco esposta.
Io ho paura.
E non può esser altrimenti.
Raccontiamocela