Pierlu

Così ripenso alla tristezza del rientro dal mare che agevola i miei pensieri più neri. Rifletto mentre scorrono i cartelli delle uscite, Rimini nord, Cesena e di colpo immagino Forlì, poi Faenza e ti penso caro Pierluigi, morto a Brisighella e sepolto a Faenza; scappato da bologna, nuova vita a Brisighella, tomba definitiva a Faenza e di nuovo quel filo che si snoda, quel dolore che non senti, ma che provi di colpo, tre giorni prima di morire. Non sono mai entrato nel tuo cimitero, ma ti penso spesso; immagino una lapide elegante, liscia, bianca, forse senza foto o con una piuttosto datata da dolce narciso quale eri, del resto alla fine eri molto rovinato dal virus che perdona a fatica. Hai lasciato come eredità la mia esclusione dal tuo funerale e dalla tua morte come io ti avevo improvvisamente escluso dalla mia vita. Dopo l’iniziale stupore ho provato una sensazione di adulazione vergognosa; mi hai talmente amato da pensare a me anche in fin di vita? Hai voluto mandarmi un messaggio ferale, hai voluto punirmi proteggendomi? Certo che quella casa avremmo dovuto dividerla, durante i sopralluoghi e prendendo le misure, vedevo la mia vita con te fra gli ulivi e le colline ravennate, ma poi, come tutto e sempre nella mia vita, è cambiato il mood, repentino, irrefrenabile, decisivo, impellente, obbligatorio. L’interesse per il tuo mondo è svanito e la vita divisa ci ha presi; tutto ti è stato chiaro quando mi sono presentato alla cena inaugurale della casa della collina con Antonio, (che tu appellavi in modo sprezzante……l’infermiere) e Susanna, nuovo boyfriend e vecchia amica comune, la vita che continua senza te, ma nuova ed esploosiva per me. In casa di Susanna mi hai visto la prima volta, dalla finestra della sua cucina, tu mi hai fissato e io ho capito che ti avrei visto poco dopo in giardino e che ti avrei colto subito, eri maturo. Ricordo il calore del tuo corpo la notte, dalla tua finestra vedevo la cucina di Susanna, il giardino comune foresta delle vergine suicide, ordinato, senza pathos, regolare, tu Pierlu! Poi mi presentasti un ragazzo dai capelli rossi, il mio tragico surrogato, ma quel lampo triste e rassegnato nei tuoi occhi, che ancora ricordo perfettamente, suggellò il tuo eterno non perdono; non ci feci caso da cicala quale ero, per poi realizzare che tu hai sempre amato l’idea che avevi di me, come un nostalgico bolscevico. Poi invece di arrenderti ai fatti, li hai ritinteggiandoli con un irritante dejavù. Pierlu perdonami. Sai che mentre scrivo ho le lacrime che mi gonfiano l’occhio sinistro, che piange sempre per primo: è il convitato di pietra delle adunate  dolorose. L’occhio destro è più ubbidiente, non trema e piange a comando, quello sinistro trema incontrollato, lo odio perché rivela umanità, mi fa sentire uguale agli altri, anche nel dolore? Mia nonna mi augurava sempre la “bellezza” delle brutte perchè, sapendo di avere poche chanches, si fermano al primo fiore che le accoglie, le belle volano di fiore in fiore, vanesie e narcisiste, senza capire che il fiore giusto esiste, dedico a te questa frase perchè tu sei stato un fiore giusto, sei sempre nel mio cuore.

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