il corso di scrittura creativa

Bologna, 16 marzo 2023

Quando mi iscrissi al corso di scrittura creativa non mi aspettavo qualcosa di particolare. Durante la prima lezione ho ascoltato e osservato un’umanità piuttosto variegata e disomogenea, purtroppo la mia struttura mentale da analista comportamentale si è innescata in automatico e quasi me ne scuso, un’analisi non richiesta è certamente un’analisi poco gradita. Comunque avevo capito che ogni cambiamento è giovinezza e arrendersi significa chiudersi nella scatola del tempo che passa veloce, il caleidoscopio degli anni si ferma solo cambiando.

Quindi eccolo il piccolo mondo chiuso in una stanza senza finestre, mai mi sono sentito così “pesce tropicale” circondato da “neri e silenziosi” che osservano e forse ascoltano gli altri, i “gialli e ciarlieri” che trovano nei corsi un modo per parlarsi, per esplicitare l’infelicità che li attanaglia,  i “blu navigati” che frequentano i corsi in primis per sciorinare le loro opere decantando una miriade infinita di insuccessi, gli “arancioni alternativi” che sono qui per caso e sono stati, forse, attratti da qualcosa di indefinito, di indecifrato, ma di sicuro profondissimo; i “bianchi folgorati” dalla loro immensa capacità indefinibile, ma sicuramente immensa!

La classificazione degli altri mi rende la vita più semplice, mi fa capire chi sono quelli a me più simili e quali sono invece lontanissimi, rende più oliate le procedure di avvicinamento e di raggruppamento aldilà degli inziali sorrisi circostanziali, nel caso io comunque scelgo i gialli e ciarlieri senza ombra di dubbio. Il momento che unisce e cattura tutti arriva improvviso quando si materializza il “compito a casa”; si deve scegliere una foto e ricamare un racconto, anche breve, ma un racconto stimolato ed ispirato da e ad una foto qualsiasi e non per forza nostra (io amo poco i racconti perché in loro non si sviluppa la complicità necessaria a crearmi interesse; il racconto non mi è complice! Inoltre lo vivo come frutto di chi ha poco da dire o sceglie di dire poco, ma questo è solo uno dei miei tanti limiti probabilmente, un limite certo alla mia concezione eroica della vita, un libro è tale solo se di almeno mille pagine, gonfio di dolore, malessere e lacrime! Magari lo scrittore ha pure la tisi ed è certamente poverissimo, solo attraverso la vera sofferenza l’uomo tira fuori le sue reali profondità!).

Apparentemente quindi imbastire un racconto sarà molto semplice, troppo facile e piuttosto banale come inizio. Il tempo scorre, la lezione finisce e ognuno la conclude coerentemente alle sue aspettative, al suo personale modo di rapportarsi; molte delle mie classificazioni sono corrette, ma come sempre, non così rigide come le vorrei, la vita come sempre sorprende in ogni suo aspetto, anche minimo.

Esco ed accantono il tutto dedicandomi alle sole rogne del vivere quotidiano e solo due sere dopo mi avvicino alla scatola delle fotografie per scegliere quella che sarà la sorgente del mio compito; guardo quella scatola bianca, liscia, non facile da aprire, la afferro e mi siedo.

Io e la scatola, una sera, le luci dei colli intorno a Sasso  Marconi illuminano le ville immerse nel silenzio, buie, un po’ ostili. La apro a fatica prefigurando un divertente viaggio nel passato, ma capisco dalla prima fotografia che non lo sarà; mi assale una tristezza strana, una morsa di tempo andato, non solo e semplice passato, ma andato via; passano i visi e i luoghi della mia vita a ribadire che la vita è solo un breve passaggio che va via senza lasciare troppo; adesso mi è chiaro perché ho scelto una scatola difficile da aprire, per aprirla il meno possibile, santo inconscio che spesso ci salva dal conscio che secondo noi umani dovrebbe addirittura essere l’ossatura portante della vita solo per relegare le emozioni al controllo da controllofili, spesso, mal celati quali siamo!

Tra tutte le foto così intime, così reali, così evocative, così mie, non riesco a scegliere.  Ogni foto scatena ricordi pieni di rewind, f.f., pause, play, stop che si susseguono furiosi mentre sfoglio i piccoli album digitando i fragili tasti del mangiacassette, non so più se penso alla gita al mare o al mio amico che non ho più visto, tutto si mescola ed emerge un fiume unico, la vita, la mia vita che non è ancorabile ai singoli ricordi tasto pause, ma tra i ricordi scorre e si snoda, spesso porta al futuro con rinnovata energia f.f., a volte si ferma – tasto stop – e lascia un rivolo al quale i superstiti si avvicinano, vi immergono le mani e vanno avanti, capisco quanto vero sia che l’esperienza non si accumula, che ogni giorno è una nuova sfida, mi sento anche banale – play, ma meno in pericolo perché dai ricordi ci si può anche difendere, tasto stop!

Improvvisa la cartolina col mazzo di stelle alpine rivolte al sole del mattino tiepido – nostalgia, di un colore così nitido e trasparente che ti permette di scorgere lontano il confine svizzero, i petali grassi si aprono alla luce quasi sforzandosi di essere in prima fila per avere il sole migliore, i gambi si stirano e diventano lunghi e sottili per avvicinarsi il più possibile al calore; le rocce dalle quali spuntano faticosamente sembrano vivere e fare parte di un impianto radicale unico, ingegnoso e spaventoso al tempo stesso, come lo sono i ricordi che si mescolano nella mia vita; sono di materie diverse che unendosi disegnano un sentierino circondato da macchie di colori a ribadire l’importanza delle differenze, della visione d’insieme che devo avere, dei dettagli che devo tralasciare e delle classificazioni inutili che devo smettere di fare; dovrei aprirmi alla vita di più e considerare gli altri anche come ricordi, foglie grasse, pregne di senso da capire. Le stelle alpine hanno una vita molto dura, è difficile superare l’inverno freddo e pieno di una neve tipica delle montagne altissime; i petali quasi si scardinano per dare evidenza al cuore della pianta, giallo, peloso che racchiude il senso della vita, il seme che farà sbocciare di nuovo. Quindi  i ricordi sono forse il cuore dell’intimità? Il seme che fa sbocciare ogni giorno una ritrovata energia? Il coraggio di chi va avanti a prescindere? E la luce ha davvero il potere di rinvigorirmi? La nostalgia vincerà sulla frenesia? Il punto di partenza obbligatorio dal quale sfuggo da sempre può essere bloccato da una scatola difficile da aprire?

Si a tutte le domande.

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